Voci per un’ingannevole pace

Se scopo del vivere è, in un certo senso, aspirare alla pace, da intendere come serena accettazione della dolente vulnerabilità connaturata in ogni essere umano, è pur vero che tale itinerario spirituale è reso impervio dall’insorgere di voci che, tra perdita e smarrimento, rivelano l’irraggiungibilità di una quiete scevra di pena e turbamento.

A quale pace allude il titolo della raccolta? e perché dobbiamo considerarla ingannevole? Pace è, senza dubbio, l’auspicabile approdo all’accettazione della finitudine caratterizzante il nostro essere nel mondo, l’ottenimento cioè di una condizione di sereno distacco dall’incandescente urgere di affetti e desideri. Tuttavia, quando ogni emozione sembrerebbe placarsi nel grigiore rassicurante dell’oblio, ecco l’insorgere di voci che smascherano la fragilità di tale illusoria conquista, magari attraverso l’evocazione di miti sconvolgenti come la solitudine disumana in cui, secondo una testimonianza autobiografica, si consumano gli ultimi giorni di Nicolas de Staël, uno dei più grandi artisti del Novecento, o di fantasmi inquietanti che hanno il volto di persone scomparse o perdute nei meandri di una memoria arida e avara. Eppure, la lotta contro l’insensatezza dell’esistere pare illuminarsi di una speranza nuova grazie all’epifania della bellezza, della quale la suite dedicata alla pittrice Giulia Napoleone è annuncio e presagio: «nella trasparenza / della luce si riposa ogni / guarigione».