Perché i matti è come leggere il giornale sotto la pioggia, su una panchina, all’aperto, mentre piove forte stare col giornale aperto e cercare di leggere, e piove e il giornale ti si disfa in mano, si disfa, va in pezzi, in poltiglia, non leggi più, io non so, non leggi e viene tutto grigio, zuppo, difficile, come i matti.
A chi importa dei matti? A nessuno, o forse solo ad Antonio, che vuole vederci chiaro sulla morte di due pazienti avvenuta presso l’ex manicomio di Collegno. Si improvvisa così detective, dando vita a una giallo fuori dai canoni e con una buona dose di ironia.
Perché i matti: una domanda senza punto interrogativo, una risposta incompleta, una frase che rimane in sospeso. Come sospese e abbozzate sono le storie delle persone (matti, ospiti, pazienti) che danno vita a questo racconto, che percorre le stanze, i corridoi e i portici dell’ex manicomio di Collegno.
Il protagonista, Antonio, è un giovane obiettore di coscienza che lavora in un vecchio reparto di quel che rimane dell’ospedale psichiatrico, alcuni anni dopo la legge Basaglia. Dall’incontro con gli abitanti del reparto, gli infermieri-infernieri, gli educatori e, soprattutto, gli ospiti dell’ex ospedale psichiatrico, nasce una storia a tratti divertente, a tratti tragica, a tratti malinconica, che si può leggere sia come una somma di episodi e di descrizioni di personaggi sia come la sconclusionata indagine, da parte del protagonista, attorno alla morte accidentale di due matti, che sembra non interessi a nessuno.