Sogni tenuti a riposo sui tetti della città
Un’onda zuccherosa che aderisce alla pelle
Come un’estate romana
Soavi chiarori di un pomeriggio
di languidezza
La sabbia stride
L’onda non può tacere
ha troppi segreti da dispensare
alla città
di luce
Parigi e Roma percorse con gli occhi della mente e del cuore: un sogno della Chimera, cioè della bellezza, che le due città eternano, di là dalle catastrofi della storia e dall’incertezza del futuro.
Ricordava Paul Klee che «il fare artistico è aoristico». Ora, i versi di Muriel Augry propongono un susseguirsi di azioni che paiono consumarsi sotto la specie del sogno, irriducibili a ogni precisazione di inizio/fine o di durata, proprio come se la parola volesse ricreare le suggestioni proprie dell’antico tempo verbale greco. Agli occhi del lettore Parigi e Roma si mostrano velate (e rivelate) grazie allo sguardo onirico dell’autrice, rapita in un itinerarium ricco di evocazioni e allusioni, quasi che il vedere potesse diventare strumento dell’ascoltare, in un’esperienza conoscitiva e poetica che, a partire dal secondo Novecento, ha avuto in Yves Bonnefoy uno dei suoi più luminosi interpreti.