Due giusti ritrovati

Il primo dicembre ‘43 sulla prima pagina del quotidiano “La Stampa” campeggiava il titolo: Tutti gli ebrei in campo di concentramento. L’annuncio era minaccioso e ogni famiglia ebraica si trovò a tentare le più diverse modalità per sfuggire all’internamento. Una famiglia di ebrei torinesi prese la difficile decisione di consegnare i propri bambini a monsignor Vincenzo Barale, all’Arcivescovado, che provvide a nasconderli in luogo sicuro.

Settant’anni più tardi, all’associazione La Meridiana di Rivoli, ci si è domandati come mai il religioso, che a Rivoli aveva trascorso gli ultimi anni della sua vita, non fosse stato ricordato per i suoi interventi a favore dei perseguitati di quell’epoca. Nacque così l’impegno per ottenere il riconoscimento ufficiale da parte della Corte Suprema d’Israele di monsignor Barale e di don Vittorio Cavasin, rettore del collegio salesiano di Cavaglià, che nel corso della ricerca era comparso come colui che aveva accolto i bambini. I due sacerdoti, mettendo a rischio la loro vita, avevano messo in salvo tre bambini ebrei, che sopravvissuti e ormai anziani, hanno testimoniato con gratitudine sull’opera dei loro salvatori.

Il libro racconta i due anni di difficili ricerche volte a trovare i testimoni per poter ricostruire le storia; queste pagine inoltre descrivono la situazione del tempo, e come nonostante la necessità, da una parte i religiosi cattolici avessero molta difficoltà ad intervenire, e dall’altra i genitori ebrei avessero molti dubbi nel cercare la protezione della Chiesa.