Mille bocche

E un diavolo per capello

Autrice:

Saggistica, Le opinioni

Anche il linguaggio è relazione, nasce dalla visione, nello stesso istante in cui nominiamo una cosa per distinguerla dalle altre. Il linguaggio è esposizione, compresenza, consapevolezza dell’altro, apertura amorevole. Espressione della prossimità che registra le interferenze della relazione. La parola ‘astratto’ non è ‘luogo’ della materia ma della potenza del linguaggio. Astrarre è come attribuire un nome a Dio, solo che ci si serve di parole per esprimere l’innominabile, ma se le parole nascono dalla visione, Dio è tra le cose.

Rispetto, relazione, responsabilità, identità plurima, identità molteplice, sono parole che ho ripetuto più volte in questo libro per testimoniare una sovranità dell’Io che attinge la sua forza nella pluralità del mondo. Se “lo scambio è il principio sociale che anima il carattere di chi contribuisce alla comunità” (R. Sennett), il carattere sociale nasce prima della comunità, e accompagna la vita di ciascuno di noi, a partire dal proprio essere biologico. Susan Blackmore condivide l’idea che la struttura biologica sia una “macchina di memi”, una imitazione funzionale all’esperienza dell’altro e Marco Iacoboni ci parla di un’esperienza sociale attraverso i “neuroni specchio”. La stessa Lisa Asiz Zadeh ha dimostrato che le facoltà del linguaggio sono “intrinsecamente” legate alla corporeità. In pratica, tutto il nostro corpo coopera affinché ci sia scambio, dai neuroni alla vista, dall’udito alla voce. Il corpo è linguaggio espressivo. Siamo biologicamente attrezzati, ma non culturalmente consapevoli. Questa inconsapevolezza vuol dire semplicemente una cosa: che la storia di ciascuno di noi è più incentrata sulla passione di sé che dell’Altro. Tuttavia,  siamo costitutivamente relazionali, cavità risonanti, vediamo e udiamo con tutto il corpo, indipendentemente dal nostro esserne consapevoli.

Si ha vergogna della dipendenza, convinti come siamo che sia uno stadio incompleto della vita malgrado la libertà umana sia racchiusa nell’ossimoro della “Dipendenza”.

Al contempo, c‘è una storia delle donne che è fondata sulla fiducia. Se la storia degli uomini è ricerca d’indipendenza e di autonomia, quella delle donne è ricerca di completezza con il mondo. Gli stadi del prestigio e dell’onore (categorie sociali che hanno contribuito a creare una identità maschile) sono soggetti alle mode del tempo, resta, per le donne, la passione più viscerale che è il bisogno degli altri.

Infatti, se la società dei talenti e dell’affermazione di sé, sviluppa l’onore sociale degli uomini, la storia femminile è una “passiva apertura al mondo”, molto simile a quello che succede nel pensiero ispirato: fare vuoto per fare posto a qualcosa, a qualcuno. Che cos’è il lavoro di cura?

Le donne prendono sul serio gli altri e la varietà delle cose che fanno è quella di non perdere tempo in continui confronti. L’etica sociale delle donne è di essere continuamente immerse in un rumore di reciproca intrusione.

Anno edizione

2010

In commercio dal

15/02/2010

Anno edizione

2010

In commercio dal

15/02/2010

Pagine

144

EAN

9788895899640

Pagine

144

EAN

9788895899640

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