La gatta bianca

Giunse il giorno stabilito e io, piuttosto emozionata, vidi per la prima volta una palla di lungo, morbido e fitto pelo bianco, una grossa testa con due piccole orecchie, un nasino rosa e due tondi occhi azzurri che mi esaminavano freddamente dal basso in alto. Non riuscendo a decidermi su due piedi, mi riservai di dare una risposta entro pochi giorni, ma già il giorno seguente, temendo di perdere tempo prezioso, richiamai l’allevatrice e le con-fermai l’adozione della riottosa creatura appena conosciuta. Un sabato sera fece il suo ingresso ufficiale in casa nostra (mia e di Lilly) la persiana di alta genealogia di nome Rosalinda. […] Essendo sabato, il cugino Michele, come era solito fare, mi telefonò per chiedermi se mi avevano portato la nuova gatta. Io risposi che, probabilmente, era arrivata, dal momen-to che su un mobile c’erano i suoi documenti, ma che io non l’avevo più vista. Non com-parve per tutta la sera, nemmeno nell’angolo del tinello dove avevo sistemato una ciotola piena di crocchette. Finii per andare a dormire con Lilly, rimandando le ricerche della gat-ta misteriosa al giorno dopo. […] Finalmente, la trovai in camera, dietro un tappeto arrotolato, posto in un angolo. Rosa-linda mi guardava non impaurita, ma seccata, mostrando un atteggiamento poco cordiale, lo stesso che avrebbe conservato per tutta la sua vita nei miei confronti. Mi fissava cupa-mente con i suoi meravigliosi occhi azzurri e, quando, presala in braccio, avvicinai il viso al suo muso, mi appioppò un bel morso sul naso.

La gatta bianca